Wanted - Astenersi perditempo

- Devi venire, forse è l’ultima volta che suoniamo prima che ci ricoverino in una casa di riposo. Giorgio me lo ripeteva da giorni scherzosamente, un’ossessione, finché, seguendo anche il consiglio di Alda che li aveva già sentiti, decisi di andare. Anche perchè, se non ci fossi andato, Giorgio mi avrebbe tolto il saluto.

 

Appuntamento alle 10,30 di sabato notte 30 Giugno al “Wanted”. Mi avvio con Luisa  e Antonella, mia moglie e sua sorella, verso la fatidica meta della nostra serata. Il "Wanted" è un locale sulla riva piemontese del Ticino. Subito dopo il ponte di Turbino si svolta a sinistra in una stradina malamente illuminata. La serata è afosa ed appiccicosa e le zanzare si sentono nell’aria e sulla pelle. Pensavo di trovare un  tipico locale italiano, invece dopo aver attraversato il ponte, ho avuto l'impressione di essere sul delta del fiume Mississippi, come a Biloxi o Pascagoula, tra campi di cotone e mais, moschitos, rattle snakes e alligators.

Fuori nello spiazzo del locale ci sono auto e motorbikes (chiamarle motociclette sarebbe improprio), mi viene incontro un biker anzianotto, capelli bianchi raccolti a coda, pancia rotonda, prominente, ricordo di bevute memorabili di birra,  bicipiti tatuati e pizzetto da pistolero, giacca in pelle nera, ai piedi boots con le frange. Il locale è stracolmo di tipi simili. Ci guardiamo in faccia e pensiamo, anche se non abbiamo il coraggio di dircelo:- ma dove siamo capitati. Siamo sicuri di non aver sbagliato posto?

Poi, mentre ci avviciniamo al locale, vedo con stupore un mio collega uscire dalla ressa per prendersi una boccata d’aria: -Ma che ci fa un distinto manager di una nota compagnia petrolifera italiana qui? Mi chiedo incredulo.

- Ciao Anton Giulio - gli dico- che sorpresa vederti! Non avrei mai pensato di trovarti in mezzo a questi scalmanati. Come mai conosci questo posto?

Lui, con un aplomb britannico tipico, tutto suo: - me lo ha detto Maurizio, altri colleghi sono dentro, vai, vai a trovarli.

Poi vedo facce note: Riccardo, Maurizio, Giuliano (quello dei formaggi), Luigi, il neo pensionato, signore che non conosco, e naturalmente Giorgio e Lauro. Gli altri componenti della band sono indaffarati ad accordare le chitarre, regolare i microfoni e l’amplificatore. Carmen e Giovanna raggianti e felici sono in giro per i tavoli a salutare gli amici ed a fare gli onori di casa. 

Il locale ha il soffitto basso, le pareti sono rivestite in legno, la luce è bassa e soffusa. Un avventore rapato e massiccio con pantaloni alla pescatora e camicia a quadri è seduto sullo sgabello di fronte al bar abbracciato ad un boccale di birra.  I tavolacci in legno intagliati dagli avventori con i nomi delle compagne di una sera ingombrano il locale.  Anche il gestore e la moglie sembrano personaggi di un racconto di Bukowsky. Non più giovanissimi, lui è magro, capelli lunghi grigi, cappello nero da cowboy, pantaloni corti e grembiule scuro, lei è grassoccia ed allegra, capelli bianchi corti e vestaglia grigio-azzurra abbondante e comoda. Le belle cameriere con minigonna in jeans girano continuamente con boccali di birra, maxi panini, pesciolini e rane fritte.

- Ciao Giorgio, Ciao Lauro, bel posto per suonare. Poi strette di mano poderose e pacche sulle spalle.

Incominciano. Lauro e Giorgio sono due miei amici di lunga data, ultra cinquantenni. Gli altri componenti della band non li conosco, ma nell’insieme direi che sono tutti impiegati e professionisti prossimi o già in pensione. Un gruppo rock improbabile, dall’aspetto direi che sarebbero più adatti alle mazurche e ai walzer. Non hanno niente di Bruce o Vasco. Anche il loro nome è leggermente stonato: “Astenersi Perditempo”.

Lauro, brizzolato, camicia nera e pizzetto, attacca. Fa gli onori di casa, ringrazia, ci ricorda che c’è un neo pensionato tra di noi, poi parte con un pezzo dei Creadence Clearwater Revival, tanto per scaldarci. Altro che Mazurche, il suono delle chitarre, la batteria e la voce di Lauro tipica di un  roker incallito ci inondano con tutta la loro potenza. Il pubblico si diverte, l’ambiente si elettrizza, un ubriaco balla pericolosamente  su una sedia, alcune coppiette si dimenano al ritmo della musica. Fiumi di birra inondano il locale ed il patio antistante. La band suona Speedy Gonzales con Lauro che imita benissimo la voce del topolino messicano. Carmen e Giovanna ballano sfrenatamente il twist, le raggiunge una loro amica, “robusta” ma dal passo leggero, da ballerina di country music.

E così di seguito fino alle tre di notte! Praticamente senza fermarsi, con i più famosi brani della tradizione rock americano anni ’60 e ’70.

Giorgio, più di cento chili di simpatia, t-shirt nera, occhiali alla Eric Clapton, chitarre elettriche comperate direttamente negli States con e-bay, suda come una fontana  e tra un pezzo e l’altro si asciuga con una salvietta. Giancarlo alla batteria non si scompone, ci mette tanta energia ma lo fa con una naturalezza tale che sembra stia suonando nella banda di un  reggimento prussiano. Stefano, fratello di Carmen suona la chitarra ed ha la camicia zuppa di sudore, come pure Claudio, impassibile. Invece Luciano, lo stoico, ha addosso un gilé di pelle, cravatta alla texana e camicia scozzese di cotone pesante. Suona il basso e l’organo e fa sognare le signore con le sue canzoni. 'A whiter shade of pale', dei Procol Harum è la più gettonata.

Poi si finisce, ci si saluta calorosamente. Andiamo verso l'auto accompagnati dal gracidare delle rane e dalla pallida luna piena che si specchia timidamente nel Ticino. In lontananza si sente ancora il brusio sommesso degli ultimi avventori che si fanno l’ennesima birra.

Pierangelo Gianni