28March2024

gerenzanoforum.it

La piazza di Gerenzano dal 2002

You are here: Home Storie Dialetto Lavatoi public, i funtan

Lavatoi public, i funtan

LAVATOI  PUBLIC
I FUNTAN

 
Il lavatoi fors l’è stà fa sùù nel 1908
tra la via Fagnan e via Gondar,


l’era long sedas metar e largh quatar,
sota mez meter dal livel della strada
quatàà sou da oun grand tecc,
copp rouman, l’era tignù sù
da 10 pilastr in quadrii a vista,
capriada, legn e ferr, vasca central
du pian a sbiess da cement gris,
ouna assa in legn a  incaster
denter ai du lat per mantignìì
alt oul livel de l’acqua.
Nel 1930 han mis a post oul tecc
con copp marsigliess.
Oul lavatori l’era divis in du scoumpart,
in fond al lavac e all’inizi oul risciacq.
Nel lavatori ghera semper gent
fin ai prim our della mattina,
i donn pourtavan i pagn spourch
con la carriola, po i’ha ripourtavan
indrèè net, a volt ghera anca da speciàà,
e l’era oul moument da ciciaràà,
countavan su l’ava e la fava,
i coumàà saveven tout del paess.
Con la venuda dell’industria, nel 1935,
gh’andava dent l’acqua coulurada
della tintouria della N.I.V.E.A.,
così l’han abbandounàà.
Nel 1942 la vegn tra giòò.
A ricord d’adess, ghè restà ouna targa:
i funtan.
 
Maurin Moretti

Il  lavatoio pubblico (presenza di spirito)

 Quando ho visto l’immagine del lavatoio di Gerenzano, sono riaffiorati ricordi della mia infanzia in quel di Condino (TN), nella Val Giudicarie: era l’anno 1947. Come già avrai capito  ho girato tanto da un paese all’altro, seguendo mio padre che era sottufficiale dell’ Arma; a quei tempi i  Carabinieri erano soggetti a continui trasferimenti. Noi venivamo dall’Alto Adige, dove non ci sono lavatoi pubblici, forse perché fa molto freddo e sarebbe stato impossibile per le donne lavare all’aperto con – 20°  o – 30°  e la Bora che arriva da Trieste , incanalandosi su per le valli;  penso che avrebbero potuto farlo solo in estate e nemmeno tutti i giorni: talvolta nevica anche a Ferragosto!


Il lavatoio pubblico per noi era un mondo nuovo, un piccolo universo fatto di donne e dei loro bambini perché dovevano tenerseli vicini, in casa non c’era nessuno che potesse badare a loro, tranne pochi fortunati che avevano la nonna . Lavavano le donne, e cantando, per darsi forza, sbattevano la loro biancheria attorcigliata fortemente per fare uscire tutta l’acqua possibile,  poi la portavano via con le carriole perché  bagnata la biancheria diventa pesante.
Il lavatoio era formato da una grande vasca in cemento in cui l’acqua veniva regolarmente ricambiata perciò era sempre fredda e pulita, il rubinetto buttava acqua a getto continuo  e questo rumore giocoso dell’acqua attirava noi bambini  che solitamente, all’uscita dalla scuola , ci  fermavamo volentieri a rinfrescarci sotto l’acqua corrente, sedendoci sulla pietra inclinata verso la vasca piena d’acqua e  bevevamo dal tubo metallico di erogazione , bagnandoci completamente. Era per noi bimbi un luogo di ritrovo, un luogo per dissetarci e per lavarci se avevamo le mani sporche, un luogo anche per fare nuove amicizie e non sentirsi soli nel nuovo ambiente, un luogo dove divertici e inventare nuovi giochi.
 
Era un pomeriggio di una giornata calda e tutti, dopo aver giocato a nascondino e a rincorrerci per i prati circostanti il paese, andammo al lavatoio e ci attaccammo al tubo per bere quella meravigliosa acqua fresca e per toglierci il sudore che grondava dalle nostre teste. Era un vocìo allegro di bambini festosi….Ad un tratto sentimmo un tonfo nell’acqua, ci voltammo e ci accorgemmo che un bambino era caduto  nella vasca, era scivolato dal ripiano inclinato in cemento, che serviva alle donne per lavare meglio, ma essendo umido era pericoloso per i bambini salirci sopra. Ma si sa che il pericolo non viene avvertito sempre dai bambini, che di fronte all’acqua si lanciano a capofitto senza pensare a ciò che può succedere: ci voltammo verso la vasca e vedemmo solo due gambette spuntare fuori: capimmo subito cosa stava succedendo.


Tutti sparirono a chiamare aiuto e io non so per quale motivo, non so chi mi ha dato la spinta e la forza di tirare fuori quel bambino, prendendolo per i piedi e tirandolo fuori. Era il mio fratellino, che volendo fare i giochi degli altri si era esposto troppo ed era scivolato nella vasca a testa in giù. La mamma arrivò con altre donne che aiutarono mio fratello a riprendersi, ad asciugarlo e riportarlo a casa . Non ricordo se gli fecero anche la respirazione bocca a bocca perché un po’ cianotico lo era. Ricordo che per tutta la sera mi tenne vicino a sé, accarezzandomi e continuando a dirmi :”Grazie che mi hai salvato!”.
Mi è sempre stato riconoscente e quando se ne dimentica  e si discute …glielo ricordo.
 
Maria Luisa Sotgiu