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13 November 2013 Written by 

Check Point Charlie nel 1961

In Europa c'è una ferita difficile da risanare: il muro di Berlino.

Con la sua caduta nel novembre del 1989 ha cancellato la guerra fredda caratterizzata dalla contrapposizione muscolare tra gli Stati Uniti e la Russia. Sono passati  24 anni ma Berlino ha mantenuto in parte quell'atmosfera, sebbene si stia facendo un lavoro enorme per ricucire le due Germanie.
Ora il muro è diventato una tappa obbligatoria per chi va a Berlino: Ci sono visite guidate, gadget, un museo e i turisti che si fanno fotografare davanti al check point Charlie, unico punto di contatto tra est e ovest per circa trenta anni dal 1961 al 1989, davanti alla porta di Brandeburgo e ai resti del muro pieno di murales.

Pierangelo Gianni     Gerenzano, 7 Luglio 2013


 



Redazione

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Sample photo....Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi
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Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una
splendida felicità.

Martha Medeiros

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Sample photoErri De Luca: Onore ai poeti che aiutano a vivere -Tratto da “Il Mattino”, 13 settembre 2002

Quando c’è poco tempo e bussano alla porta, battono la città con artiglieria, quando brucia, quando sei solo in un letto d’ospedale, quando arrivi troppo tardi, quando ti mancano le parole e il fiato è corto, allora la poesia, una, prende il tuo posto, prende la tua mano che non ci arriva: e arriva.

Negli assedi, nelle prigioni, nelle cantine su pezzi di carta di fortuna si scrivono poesie. Il partigiano jugoslavo Ante Zemliar ne scriveva durante la guerra in montagna contro i nazifascisti. Le scriveva su quaderno. In sua assenza i compagni la trovarono e con la carta fecero sigarette. Non c’era molto per fumare e Ante sa che anche così le sue poesie hanno avuto respiro. Il partigiano Zemliar dopo la guerra vinta ha fatto cinque anni di prigionia nella colonia penale di Tito, Goli Otok, isola nuda. Anche lì scriveva poesie con un pezzetto di carbone nell’unghia su pezzi di cartone, di nascosto. Nel ghetto di Lotz nel 1943 Isaia Spiegel scriveva nel suo yiddish braccato: "Il mio corpo è un pane/calato in un calice di sangue"

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