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I Clerici, marchesi di Cavenago, feudatari e signori di Cuggiono Maggiore e di Trecate

Curiosa famiglia, quella dei Clerici, che annovera tra i suoi membri figure di indiscussa qualità e coraggio.
Originari di Domaso, un paese sulle rive del lago di Como, riuscirono a giungere ai maggiori livelli di potere e ricchezza nella Milano del Seicento e del Settecento.

Giorgione (nato nel 1575 e morto nel 1665), grande mercante di seta e banchiere (sembra che gestisse una fiorente attività di prestiti), fu l’artefice della potenza economica della famiglia.
Il suo successore fu il figlio Pietro Antonio che acquistò il feudo ed il titolo di marchese di Cavenago.
Sempre nel XVII secolo, i Clerici, comprarono le terre e case di Castelletto e Cuggiono, compreso l’edificio chiamato castello che verrà ricostruito assumendo le forme della meravigliosa “villa di delizia” che compare nelle stampe di Marc’Antonio Dal Re.
I Clerici compresero l’importanza di entrare nella burocrazia di toga e nelle cariche pubbliche per poter giungere alle vette del potere ed un altro figlio di Giorgione, Carlo (morto nel 1677), secondo marchese di Cavenago, si laureò in legge. Fu colui che “gestì” l’acquisizione del feudo di Cuggiono Maggiore.
 
Agli inizi del 1600, la famiglia Clerici si trasferì a Milano, in quel meraviglioso palazzo ancora oggi visibile in via Clerici (affrescato dal Tiepolo, conserva ancora alcuni arredi dell’epoca).
Acquistarono vasti territori (a Malvaglio, Cuggiono, Copreno, Bollate, Bruzzano, Caronno e Garbagnate); pare che molti terreni derivassero da cessioni a loro favore dei debitori inadempienti nei loro confronti.
Acquistarono anche i diritti di pesca (pesci, sabbia e sabbie aurifere) del Ticino, quasi per l’intero suo corso dal lago Maggiore al Po.
 
La più grande figura della famiglia fu Giorgio II Clerici (1648-1736), figlio di Carlo, terzo marchese di Cavenago, laureato in legge, Reggente del Supremo Consiglio d’Italia a Madrid, Gran Cancelliere ad interim, che giunse in vetta alla scala del potere e divenne Presidente del Senato Milanese (il Senato era il Tribunale dello Stato di Milano).


Una sorella di Giorgio II, donna Clara, sposò il capitano Federico Fagnani (che, non dimentichiamo, era feudatario di Robecchetto, il comune oggi confinante con Cuggiono, di cui i Clerici divennero “signori”).
La figlia di Giorgio II e della sua seconda moglie, Barbara Barbavara, sposò il nipote di Federico Fagnani, che portava lo stesso nome del nonno (si veda la biografia dei Fagnani). Se ben ricordo, il marchese Federico Fagnani, nelle sue vertenze giudiziarie con il parroco di Robecchetto, don Gio.Batta Ferrario, aveva conferito procura per l’assistenza a “Giorgio Clerici” (forse quel Giorgio Clerici, morto nel 1766, che compare fra i membri della famiglia?).
 
Non mancarono anche grandi dolori nella vita dell’uomo potente e ricchissimo; nel corso della sua vita subì la morte del figlio Carlo Francesco e del nipote (figlio di Carlo Francesco), morto in guerra a 21 anni.
Il suo erede divenne Anton Giorgio Clerici ( 1715-1768), che a 21 anni ereditò dal bisnonno una delle maggiori fortune d’Europa.


Anton Giorgio è sicuramente la più singolare ed affascinante figura della famiglia; “a decoro del nome” spese ingenti somme e dovette più volte chiedere al Senato Milanese il permesso – accordato – di vendere parte dei beni aviti.
Infatti, la nobiltà, al fine di mantenere intatti i patrimoni, aveva escogitato i due famosi istituti della primogenitura (solo uno dei figli ereditava il patrimonio familiare) e del fedecommesso (l’erede poteva utilizzare le rendite dei beni della famiglia, ma non poteva vendere i beni se non dietro permesso del Senato Milanese, in maniera da trasmettere intatto il patrimonio al successore).
Anton Giorgio raggiunse la vetta della società e con lui la famiglia entrò pienamente nella nobiltà milanese.
Quarto marchese di Cavenago, Signore di Trecate e di Cuggiono, Cavaliere del Toson d’Oro, Grande di Spagna, proprietario di un intero reggimento, Generale austriaco, molto caro alla Imperatrice M. Teresa d’Austria, rappresentò la sovrana al conclave del 1758.
Chiamò il Tiepolo ad affrescare il suo palazzo di Milano.
Alla sua morte, il patrimonio della famiglia era diminuito di molto....evidentemente costava caro mantenere il decoro del nome....
Sposò Fulvia Visconti dei marchesi di Borgoratto, ma dal matrimonio nacquero solo due figlie femmine, una delle quali, Maria, morì prima del padre.
L’altra figlia, donna Claudia Caterina, sposò il conte Vitaliano Bigli e fu molto attiva nella nostra zona alla fine del ‘700 / inizio dell’800. Morì senza eredi, e col suo testamento beneficiò largamente i Luoghi Pii Elemosinieri.
Era uno dei tre Deputati dell’Estimo di Malvaglio di cui era compadrona principale e il suo nome compare anche nella curiosa “vicenda dei sepolcri” del paese – la sollevazione popolare avvenuta nel luogo allorchè il Tribunale di Sanità proibì la sepoltura dei defunti nella chiesa. Infatti, scrive don Teodoro Re, Curato di Malvaglio, la nobildonna, al termine delle vicenda, convocò i suoi undici capifamiglia del paese, che le avevano indirizzato un memoriale sulla condotta del parroco, e li rimproverò aspramente per il loro comportamento.
Alla morte di Anton Giorgio senza figli maschi, il patrimonio ed il titolo passarono al ramo attuale della famiglia, discendente da Giovanni Paolo, figlio naturale legittimato di Carlo Clerici, secondo marchese di Cavenago ( vedi sopra).


Numerosa fu la discendenza (che continua ancora oggi) di questo ramo dei Clerici.
A Malvaglio – frazione di Robecchetto - si ricordano donna Teresa e donna Marianna Clerici, che nel 1845 donarono il terreno sul quale venne costruita l’attuale chiesa parrocchiale del paese.
Una lapide murata nell’edificio recita:
A dì IX marzo MDCCCXLV / dal Nobile Raffaele Bossi / fu posta la prima pietra di questa chiesa / architettata da Pietro Zirotti / eretta per la generosa opera de’ terrieri / per le pie oblazioni / delle nobili sorelle / Teresa Clerici Brambilla / e Marianna Clerici Lurani / e per il sussidio di altri devoti ecc.ecc.
Il marito di Teresa Clerici, il nobiluomo Antonio Brambilla di Bergamo, donò alla Parrocchia di Malvaglio alcuni grandi quadri di scuola veneta che abbiamo quasi certamente individuato fra quelli conservati in canonica e che attualmente sono in fase di restauro.
Marianna Clerici entrò per matrimonio nella nobile famiglia dei conti Lurani di Milano.
Alla fine dell’800, il matrimonio fra Carmelita Lurani e il conte Luigi Mapelli Mozzi portò anche questa ultima famiglia nel nostro territorio.
 
L’amico Gianni Visconti ha scritto, qualche anno orsono, un bellissimo articolo pubblicato nella rivista Contrade Nostre nr. 6, pag. 97 e seg., dal titolo: La successione feudale a Cuggiono nei secoli XVI-XVIII (da cui sono tratte tutte le notizie più sotto scritte).
Leggendo questo articolo ci si rende conto dell’enorme potere della famiglia Clerici.
Infatti, Cuggiono si divideva allora in Maggiore e Minore; la famiglia dei marchesi Piantanida aveva nel 1673 completato l’infeudazione di Cuggiono Minore.
Nel 1674 rivolsero la loro attenzione a Cuggiono Maggiore e lo vollero infeudare. Nel comune Maggiore esistevano tre partiti: uno era favorevole alla infeudazione da parte dei Piantanida, uno alla infeudazione da parte del marchese senatore Carlo Clerici, ed il terzo, capeggiato da un certo Taveggia, voleva mantenere “la libertà”, col mantenimento da parte del Regio Demanio.
Il Clerici, senatore e Reggente del Supremo Consiglio d’Italia a Madrid, offrì allo Stato solo 4.474 lire per 202 fuochi, i Piantanida 15.336 per 213 fuochi (per cui l’offerta dei Piantanida era notevolmente favorevole per lo Stato).


I Clerici avevano fatto una offerta molto bassa, contando sulla potenza e sulla fama della famiglia.
La strategia messa in atto per venire in possesso del feudo su cui avevano puntato gli occhi (anche perchè già possedevano terre nella frazione che oggi è Castelletto), si articolò nel seguente modo – come scrive Gianni Visconti.
Anzitutto il senatore Clerici attaccò e liquidò il contendente più debole, il Taveggia, chiedendo al Tribunale di dichiarare nulle le sue pretese e quelle dei suoi amici.
Liquidato così l’avversario più debole, il Clerici volse la sua attenzione al concorrente più temibile, il marchese Piantanida.
Scrisse un memoriale al Magistrato Camerale (chi volesse saperne di più, può acquisire l’articolo citato), in cui sottolineava che “... se v’era necessità di guardare al patrimonio, difficilmente si poteva far concorrenza (ai Clerici) per fama e disponibilità finanziarie”.
La Regia Camera dello Stato, dovendo scegliere fra le due offerte, optò per una asta; nel frattempo, la comunità dei membri di Cuggiono Maggiore aveva chiesto espressamente di essere infeudata al marchese Clerici.
I Piantanida offrirono allo Stato per l’infeudazione ben 20.956 lire, divenute poi 28.737 lire, a fronte di quella dei Clerici di sole 7.470 lire.
A questo punto il Magistrato Straordinario decise che l’offerta dei Piantanida era più vantaggiosa ed una consulta fatta per l’occasione espresse parere favorevole a che Cuggiono Maggiore fosse infeudata ai Piantanida.
E qui vi fu un colpo di scena ed i Clerici misero sul piatto tutto il loro potere, scrive testualmente l’amico Visconti.

Divenire feudatari di Cuggiono Maggiore voleva dire per i Clerici: a) possedere un territorio, comprendente beni già di famiglia, ampio e ricco di acque per la presenza del Ticino e del Naviglio (che assicurava anche un comodo collegamento per via d’acqua con Milano); b) accattivarsi la benevolenza dei contadini, che erano favorevoli ai Clerici che in fatto di paternalismo e concessioni superavano di molto i Piantanida, più attenti a trarre utili dal feudo; c) infine, divenendo loro stessi feudatari della zona in cui avevano già delle terre, evitavano la possibilità di essere sottoposti ai Piantanida, con conseguenze negative per i loro interessi.
 
Improvvisamente il magistrato Straordinario “cambiò idea” e decise di riaprire l’infeudazione del Comune, con argomentazioni, in verità, assai poco convincenti, dice Visconti.
Decise cioè di riaprire non solo l’infeudazione di Cuggiono Maggiore, ma anche di quello Minore,  già infeudato ai Piantanida dal 1673!!!!!!
E’ evidente, scrive il Visconti, che dietro questo repentino cambiamento d’opinione del Magistrato ci sia stata l’azione del Clerici da sempre legato ai personaggi più altolocati della Corte di Madrid e non ignoto allo stesso re Filippo V.
I marchesi Piantanida, di fronte a questo rifiuto che non dovette stupirli (sapendo con chi stavano competendo...) protestarono aspramente.
Il Clerici, a questo punto, ribadì per iscritto e, quando scriveva un personaggio di tal rango, il fatto metteva la Regia Camera di fronte all’alternativa di infeudare il Comune ai Clerici o di lasciarla al Demanio, in ogni caso escludendo i concorrenti Piantanida.
Alla fine vi fu evidentemente un accordo: ai Piantanida venne lasciato Cuggiono Minore (con un cambiamento repentino di parere, il Magistrato ritenne valida, a questo punto, la precedente infeudazione....), Cuggiono Maggiore fu infeudato ai Clerici e furono totalmente disattese le suppliche e le ragioni del Taveggia e del suo partito per ottenere il mantenimento del Demanio, nonostante la fondatezza di buona parte delle loro ragioni. Così va il mondo....
Morto Carlo Clerici, divenne erede il fratello Francesco, anche se già, dietro di lui, premeva quella grande figura dell’altro fratello, Giorgio II, senatore, destinato a divenire il vero capo della famiglia.
Come si è già detto Giorgio II, uomo potentissimo e ricchissimo, rifabbricò anche la Villa di Tremezzo (l’attuale Villa Carlotta, che infatti ricorda nello stile la Villa Clerici di Castelletto), arricchì ed abbellì il palazzo di Milano, acquistò e ristrutturò Villa Simonetta a Niguarda ed infine realizzò la Villa di Castelletto di Cuggiono.
 
Delle leggende tramandate nella zona ricordano la figura dell’ultimo del ramo principale dei Clerici, quell’Anton Giorgio di cui abbiamo già detto.
E’ ancora visibile il “palazzetto” detto Catenazzone in cui era alloggiato stabilmente a Castelletto un piccolo contingente del suo reggimento privato ed io ben conosco il posto perchè lì è nata e cresciuta mia madre e lì son vissuti e morti i miei nonni.
Anton Giorgio era tanto amante del fasto che amava gettare monete d’oro ai suoi contadini mentre passava al galoppo. E forse a questo fatto si riferisce la leggenda cuggionese che San Giorgio – protettore di Cuggiono – la sera delle vigilia della sua festa getti monete d’oro dal campanile. E’ probabile che in qualche occasione Anton “Giorgio” abbia effettivamente gettato monete d’oro dal campanile.....
Molte anche le leggende sulla villa Clerici di Castelletto, oggi di proprietà di un industriale bustese e disabitata.
Si dice che abbia 365 finestre, come i giorni dell’anno, 63 porte, come le settimane, 12 corridoi, come i mesi, e 4 portoni di accesso, come le stagioni.
Si parla poi di passaggi segreti e di un pozzo con le lame.....

Mia madre mi diceva che il palazzo era stato costruito “in una sola notte dai franchi muratori...”, insomma, questa enorme costruzione ha sempre attirato la curiosità della gente.
Di sicuro v’è che lo sviluppo urbanistico della piccola frazione di Castelletto di Cuggiono è stato determinato dalla Villa.
 
 
Luisa Vignati
 
Bibliografia:
 
Visconti Gianni: La successione feudale a Cuggiono nei secoli XVI-XVIII, in Contrade Nostre, Società Storica Turbighese, 1988-1989, vol. 6, pag. 97 e seg.
 
Cremonini Cinzia: I Clerici: una famiglia lombarda tra mercatura e nobiltà, burocrazia togata ed esercito, in Ca de’ Sass   (segnalo questo bellissimo studio a chi volesse saperne di più sulla famiglia Clerici).
 
Nel volume: Ville dei Navigli Lombardi, si trova una bella descrizione e foto sulla Villa Clerici di Castelletto di Cuggiono.
 
Nota:  I marchesi Clerici erano molto legati ai Fagnani, Marchesi di Gerenzano ed avevano sposato due donne della loro famiglia (la figlia del famoso "Giorgione"  Clerici, Presidente del Senato Milanese sposò il Federico Fagnani  "vecchio", nonno dell'ultimo Marchese di Gerenzano).
Il Clerici AntonGiorgio, che era anche giureconsulto, fu il procuratore e difensore del Fagnani "vecchio" in una questione col parroco di Robecchetto Gio Batta Ferrario.
Alla morte di Federico Fagnani, le sue enormi proprieta'  di Gerenzano ebbero vicende alterne finche', tramite il Senatore e sindaco di Gerenzano Luigi  Canzi, tutte le terre ed i palazzi vennero venduti ai Marchesi Clerici.
A Gerenzano sono nati due membri della famiglia Clerici - dei marchesi Clerici di Cavenago (due donne della famiglia, Clara e Rosa, sposarono i Fagnani). Trattasi di Donna Henriette - nata a Gerenzano il 24.4.1897, sposata nel 1918 con Steno dei marchesi Majnoni d'Intignano e il fratello Don Carlo,  nato a Gerenzano il 16.7.1901 e morto in Milano nel 1961.  Trattasi dei figli di don Giorgio Clerici marchese di Cavenago e Giuditta Motta.