Lieto di essere ucciso da una pallottola italiana
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- **In I nostri poeti**
- **Last Updated on **08 **April** 2014****
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Pasqualì Biciola, si alza presto, sono le sei. Esce di casa ben coperto, fa freddo. Come tutte le mattine deve andare a piedi alla stazione, a prendere il treno per andare a lavorare a Milano.
Lavora come badilante e bagnacalcina; Pasqualì nel fare quel lavoro ha perso un occhio.
Arriva all’angolo del vicolo e vede fermi due carabinieri della milizia.
A Pasqualì si gela il sangue nelle vene; in casa c’è suo figlio Angelo, disertore di guerra, alpino scampato alla disastrosa campagna di Russia.
Pasqualì pensa: “ades i va an ca e i la ciapa”.
Ma ha sangue freddo. Raggiunge i carabinieri, li saluta e dice. “ostrega sal fa frech; madona santa, ho lasciato a casa la schiseta”. Fa marcia indietro, torna in casa, va nella stanza dove dorme Angelo e dice:
“Angiulì desdes, ghe fo i carabinieri; scondes ndel fienil”
La moglie Giulietta e gli altri due figli, Piera e Battista si svegliano anche loro. Sono spaventati e aiutano Angelo a nascondersi. Giulietta e Piera nascondono i vestiti di Angelo; Battista va nel letto di Angelo e si mette sotto le coperte fingendo di dormire. Pasqualì esce di casa di nuovo e va a lavorare, sperando che non succeda niente.
Angelo, furtivo va a nascondersi nel fienile e con la forza della disperazione scava a mani nude nelle balle di paglia; scava in fretta, con paura, talmente in profondità, che riesce ad entrare nel mucchio in piedi e a ricoprirsi completamente di paglia.
I carabinieri fanno irruzione in casa e gridano: “Il sergente Milanesi Angelo !!! dov’è?” Milanesi !!
Giulietta fa fuoco e fiamme, grida e sbraita, sbraita e grida “se mi dite voi dov’è mio figlio, mi fate un piacere; e adesso… fo di ballleeeeeeeeee”.
I carabinieri cominciano a cercare: cercano nella stanza di Angelo, nel bagno comune di cortile, poi nel cortile; Angelo non c’è; allora vanno nel fienile, si guardano intorno. Angelo è sotto le fascine in piedi, ben nascosto, immobile quasi senza respirare; si muovono soltanto i pensieri e riemergono gli incubi dell’odissea del ritorno dalla Russia.
I compagni alpini; divisione Julia, Tridentina, Ravenna. In marcia. La Russia, l’Ucraina: campi di grano a perdita d’occhio. “tutte le sere sotto quel fanal, dentro la caserma ti stavo ad aspettar..con te Lili Marlen”.
La steppa gelata. Le isbe e la contadina bionda con gli occhi azzurri: il ritratto che gli faccio, i soldati russi; i tedeschi; i compagni morti; “Non mi fermano, non mi prenderanno”; la ferita alla coscia, il ricovero all’ospedale militare; la fuga dall’ospedale, la neve sotto le scarpe e il gelo lancinante; la tosse delle vedette russe; i piedi fasciati; la neve che crocchiava e il gelo lancinante; 90 chilometri a piedi; il principio d’assideramento; la neve ed il gelo; il freddo alla testa; un altro ospedale; mi curano la ferita; mi rispediscono in Italia con il treno; arrivo ad Alessandria.
Poi c’è l’8 settembre e l’Italia è nel caos.
Vado a Montepulciano e mentre sto cantando “Che gelida manina” incontro il maestro di canto Viscardini che mi invita a casa. Viscardini ripeteva “stai qua con me: canti “la furtiva lagrima meglio di Tito Schipa”; in sei mesi ti faccio celebre. Ma a casa ho I genitori, il fratellino e la sorella. Decido di ritornare e risalgo l’Italia attraversando gli Appennini, armato fino ai denti, a dorso di mulo, in compagnia di altri due uomini e di una prostituta. Poi arrivo a Bologna, e una famiglia di contadini mi regala degli abiti; “Non mi fermano, non mi prenderanno”; Bologna – Milano, di nuovo in treno.
Milano, stazione; aiuto due suore fingendomi loro accompagnatore e le accompagno a Cremona. Di nuovo in treno. “Ci sono quasi”.
Cremona stazione; prendo il treno per Caravaggio, . Arrivo a Caravaggio, c’è buio; la ferrovia, la mia ferrovia. “Sono a casa. Non mi hanno preso !!” Rivedo la mia famiglia. Forse sono salvo.
Divento però disertore di guerra. Vado in campagna con l’amico Cantini. Fa freddo. È inverno. Dormo nei fossi secchi. “non mi prenderanno”.
“Sono a casa mia; a due metri da me sento i passi e le voci dei carabinieri che vogliono catturarmi.
Non mi hanno catturato fino adesso non possono prendermi proprio a casa mia. NO!!
Intanto Battista, il fratello, più giovane di Angelo di dodici anni, si alza e segue i carabinieri che dopo aver cercato invano, escono di casa e si scusano con Giulietta, che è ancora fuori di sé. “fo di baleee” urla e ripete la donna.
Angelo esce dal fienile, lascia passare qualche ora. Capisce che non è al sicuro e torna in campagna; ci sta una settimana, stavolta da solo.
Tutte le mattine Battista gli porta da mangiare: il solito pentolino di polenta e latte, fingendo di andare in campagna a cercare lo sterco di vacca.
Angelo trascorre il tempo a disegnare, a carboncino e a matita, su fogli occasionali; è anche un abile disegnatore.
Passa una settimana. Domenica mattina.
Angelo schizza a carboncino il volto della Madonna raffigurato in una cappella posta nella strada sterrata di via Masano.
È stanco, è stufo, è arrabbiato. Incautamente torna a casa per finire il disegno con gli acquarelli, recuperati chissà dove.
All’angolo di vicolo Spalti, però, sono appostati i due carabinieri del lunedì precedente: “Ah finalmente troviamo il sergente Milanesi Angelo. Sa che lei è un disertore ? deve consegnarsi a Treviglio, in caserma !!”
Angelo finge stupore e risponde: “Le do la parola da graduato: domani mi consegno”
L’indomani va a Treviglio, a piedi. In caserma lo sta aspettando il colonnello, che dopo avergli fatto una bella morale sui doveri militari e patriottici, gli dice: “Sergente Milanesi, sa che lei può essere ammesso alla fucilazione !!?”
Angelo, lo guarda negli occhi, ride e risponde “ Vede colonnello, non sono stato ucciso dai russi, dagli yugoslavi, dai francesi, dai tedeschi: lieto di essere ucciso da una pallottola italiana”.
Il colonnello non sa più cosa dire e dove guardare; Angelo non smette di guardarlo negli occhi.
Gli danno i vestiti militari ed i gradi e gli permettono di portare a casa i suoi abiti; più che vestiti sono un ammasso di stracci. Gli annunciano anche che l’indomani sarebbe stato trasferito al campo di concentramento a Grumello al Piano.
Torna a casa e dà l’annuncio alla famiglia: Pasqualì non parla per tutto il giorno; Giulietta, e la sorella Piera piangono; Battista osserva la scena con occhi impauriti e mortificati. Casa Milanesi è un funerale immobile.
Si teme che Angelo da Grumello possa essere trasferito in qualche campo di concentramento tedesco.
Angelo fissa Battista per un minuto, senza parlare, poi gli dice: “Tu domani non hai niente da fare, vieni con me in montagna; impari la strada e mi porterai da mangiare e da fumare. Al resto ci penserò io. Ci faremo prestare la bici dal zio Muoel. La sua bici è meglio di un carro armato e corre più veloce del vento”.
Battista acconsente senza protestare.
Il giorno dopo partono di buon ora, Angelo pedala con Battista in canna.
Il vento è sfavorevole, un ventaccio di Marzo. Angelo non ha forza di pedalare, non ha più i muscoli, è magrissimo. Ad un certo punto scende dalla bicicletta, va in mezzo alla strada. Passa un camioncino con a bordo due soldati; gli vedono il vestito militare ed i gradi da sergente e si fermano; Angelo chiede un passaggio; devono andare a Grumello anche loro. Sale sul camioncino e saluta il fratello. Battista torna a casa.
A Grumello, Angelo resta per una settimana; poi lo mandano a Fossano a dirigere un plotone di trenta uomini. E a Fossano c’è il vino buono. A Fossano Angelo fa il boicottatore, getta nei fiumi bidoni d’olio e di benzina. Se la passa bene; con lui c’è un comandante tedesco che gli permette tutto, in cambio Angelo deve cantare qualche romanza lirica.
Tutte le sere Angelo esce; si ferma nelle osterie a cantare e a bere, nonostante la guerra renda tutto più cupo.
Ad Angelo basta una cantata per avere le donne; poi tornava in caserma, si faceva preparare dal cuoco due uova al tegamino e una bottiglia di quello buono e andava a dormire.
Tornava a casa ogni quindici giorni con uno zaino pieno di marmellata, pasta, cioccolato, caramelle.
Da Fossano viene mandato a Brivio dove trascorre qualche mese.
Torna a Caravaggio, nel febbraio 1945.
Si arruola nelle fila partigiane ed è membro del comitato locale di liberazione nazionale.
Il 25 aprile è il giorno della liberazione… ed è storia nota.
Angelo si prepara a festeggiare a modo suo.. cantando nel suo rione di porta Seriola, con la gente intorno ad ascoltarlo.
Fra i suoi canti ci sarà da adesso anche il canto triste della guerra, della morte e della devastazione; un canto corale, composto dalle voci imperiose e struggenti dei suoi compagni alpini, tornati dalla disastrosa campagna di Russia, e dall’eco sempre più tenue e sommesso dei lamenti dei compagni caduti e rimasti prede e pietra nella steppa gelata.
Fra mito, leggenda ed epica contemporanea, più forte del tempo e più forte del destino.
Albero Milanesi
Buonasera sono Alberto, abito a Caravaggio in provincia di Bergamo e lavoro come raccontastorie per adulti e per bambini. Le invio una testimonianza di un reduce di Russia, mio nonno, Angelo Milanesi, nato nel 1920 e morto nel 1947.A raccontarmi questa storia è stato suo fratello, il mio prozio, Battista.
Angelo era alpino, ha lavorato poi come stuccatore d'arte ed era un noto tenore di provincia.
28 Febbraio 2007